"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

venerdì 9 settembre 2011

Competitività? Ma perché chiamiamo anche le pere “mele”?

di
Francesco Zanotti

Se voglio indicare una mela uso la parola “mela”. Se voglio indicare una pera non uso la parola mela … Per descrivere cose diverse si usano parole diverse …

Nel mondo dell’economia sembra che questa regola non valga …
Si usa un’unica parola: competitività. E con essa si intende tutto il buono ed il desiderabile. Tutte le mele, le pere, le susine …


Torno a Steve Jobs: ha più liquidità del Governo a cui paga pure le tasse perché ha vinto la competizione nel mercato dei tablet? No! Perché ha inventato i tablet. Di più: perché periodicamente inventa prodotti completamente nuovi.
Tornando indietro nel tempo e rimanendo a casa nostra: la 500 ha fatto la fortuna della FIAT perché era più competitiva delle altre citycar? No! Perché ha progettato e costruito l’autovettura che ha inaugurato una nuova era di trasporto individuale. Gli esempi sarebbero mille …
Il senso di tutti questi esempi? Quali aziende hanno grande successo? Quelle che inventano rilevanti cose nuove per primi. La parola competitività non fa parte del vocabolario naturale di coloro che producono ricchezza.

Da dove viene la genialata della competitività? Viene dalla visione della strategia d’impresa di Michel Porter: fare strategia, diceva lui oramai trent’anni fa, significa diventare più competitivi dei concorrenti. Ecco, ma questo modo di fare strategia va bene in mercati dove i concorrenti sono tanti ed agguerriti. Dove esiste una forte competizione. Ed è una strategia triste. Quando esiste la competizione occorre diventare più competitivi. Ma la ricerca della competitività è un grande buco nero che assorbe tutto. Prima o poi (più prima che poi) si trasforma in una durissima battaglia di prezzo alla quale nessuno sopravvive.

Ma oggi, noi, in che condizioni siamo? Abbiamo spazi per immaginare manufatti (per rimanere nel mondo della produzione) radicalmente nuovi o tutto è stato inventato? Detto diversamente: è ancora possibile o no inventare prodotti come la 500 o il tablet?


Risposta: abbiamo urgente bisogno di immaginare non solo una nuova generazione di manufatti, ma anche modalità di produrre completamente diverse dalle attuali.
Ne abbiamo urgente bisogno perché gli uomini ne hanno abbastanza di una stagione di over consumi ad over prezzi. E perché la natura si sta sempre più rivelando incompatibile con una società industriale che è fondata sui concetti di materie prime, prodotti che concentrano artificialmente materie prime e rifiuti che la natura non conosce.

Quindi, dobbiamo immaginare mille prodotti tipo 500 e tablet e dobbiamo produrli in modo ipercompatibile.

Bene, invece di cercare di produrre i manufatti attuali a minor costo, è necessario fare una cosa completamente diversa: progettare una nuova generazione di manufatti e di sistemi di produzione.

Ma, allora, se bisogna fare una cosa completamente perché continuare a parlare di competitività?
La riposta che si da’ di solito a questa obiezione è: ma anche inventare cose nuove è un modo di competere!
Be’ certo! Ma, allora, devo allargare, stiracchiare il significato di “competere” fino a fargli contenere anche una strategia che è opposta alla competizione.

Che strano, per costruire sviluppo devo camuffare le strategie di innovazione profonda con un nome che indica il litigare sul consueto … Come se pensassi che fosse una cosa particolarmente intelligente chiamare sia le mele che le pere “mele”. E, poi, ogni volta spiegare se sto parlando di mele-mele o di mele ... perate …

Solo strano? No! Pericolosissimo! Perché il concetto primario di una parola, poi, assorbe tutte le distinzioni in un grande buco nero di retorica. Competere significa solo e soltanto litigare su quello che si fa oggi e non impegnarsi a fare cose nuove. Al massimo diventa immaginare cose poco poco nuove, piccoli restyling … Ci sia avvia lungo una china alla fine della quale si arriva, come ultima ratio, a chiedere supplenza allo Stato perché aggiunga un pizzico di efficienza … Ma quel piccolo imprenditore e gli altri come lui (e ce ne sono tanti … ) che producono ad un costo che è tre volte quello dei suoi concorrenti, ad esempio, cinesi, che se ne fanno di incrementi di efficienza suoi o dei servizi dello Stato? Non gli faranno certo ridurre i costi a meno di un terzo …
Conclusione. Ostinarsi a chiamare mele le pere genera confusione. Ostinarsi a competere, quando si deve cambiare il mondo, porta a quella grande confusione collettiva che si chiama crisi.

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