"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

martedì 28 agosto 2012

Lettera aperta a Paolo Del Debbio … Senza colpa, ma inconcludente


Anche un segnale di profonda impotenza ...

Egregio dottore,
Mi riferisco alla sua trasmissione di ieri sera che, pur animata dalla sua passione e sensibilità sociale, si è conclusa con il nulla. Solo accuse e rivendicazioni …
Come si sarebbe dovuta concludere? Con le indicazioni di un Grande Progetto da tutti condiviso, emozionante, mobilitante. Tanto da iniziare a dividersi i compiti da fare … Illusione? No! Glielo dimostro provando a descriverle un grande progetto immediatamente realizzabile. Salvo la volontà.
Il punto di partenza devono essere le imprese. Converrà che o le imprese guadagnano (diciamo più tecnicamente producono cassa), oppure tutti i problemi rimangono insolubili … Non c’è occupazione, non c’è acquisto non ci sono tasse.
Bene allora l’obiettivo da perseguire è che le imprese ricomincino a guadagnare molto. Poi discuteremo come distribuire questo guadagno. Ma se non c’è, tutto diventa inutile.
Bene, come si fa a far si che le imprese riprendano a guadagnare? Per rispondere a questa domanda andiamo a dare una occhiata alle imprese che oggi continuano a guadagnare: cosa le distingue? Le distingue un differenziale di identità: vendono prodotti migliori di quelli dei concorrenti e sanno produrli meglio. Le imprese che non guadagnano hanno perso questo differenziale di identità. E cerano di ricostruirlo con un'arma esiziale: la riduzione di prezzo. Esiziale perché è l’arma più “copiabile”. E se tutti la usano si scatena un perverso circolo vizioso.

Allora, per far aumentare la produzione di cassa delle imprese (uso questa espressione, invece di quella più generica di “guadagno”) occorre che queste riprogettino la loro identità strategica (quello che vendono) e la loro identità organizzativa (il modo in cui lavorano).

Ma questo è possibile?
Sì, perché nel mondo stanno emergendo mille potenzialità per definire nuove identità. Ma a queste potenzialità si risponde con la conservazione. Facciamo due esempi di questo rifiutare l’innovazione per la conservazione: uno eclatante ed uno più tecnico.

L’esempio eclatante è quello della FIAT. Il suo successo è stato generato dal proporre sul mercato auto che avevano un profondo significato “esistenziale”: erano una proposta a quei tempi praticabile per aumentare le possibilità di trasporto individuale. Oggi è necessaria una nuova modalità di trasporto individuale per due ragioni pesantissime.
La prima è che l’esigenza crescente di mobilità individuale (per tutti i popoli della terra) non può essere soddisfatto dal tipo di auto che si costruisce oggi. Infatti, ad esempio, le nuove generazioni vogliono una mobilità mondiale e non provinciale come le generazioni precedenti. E considerano sempre meno l’auto come strumento di autorealizzazione.
La seconda è che, anche se si volesse provare a proporre questo tipo di auto, ci si scontrerebbe con una crescente problematicità ambientale.
La FIAT però, invece di ricercare una nuova modalità di trasporto individuale, cerca sostanzialmente di fare lo stesso tipo di auto in modo più efficiente con qualche innovazione tecnologica e stilistica. E, per fabbricare queste auto dalla innovazione molto superficiale, non trova di meglio che copiare l’organizzazione del lavoro dei concorrenti. Mentre esiste una nuova cultura organizzativa che, a quanto sembra, le è totalmente sconosciuta, ma che potrebbe permetterle un salto di qualità in efficienza ed efficacia produttiva rispetto ai concorrenti.

L’esempio più tecnico è quello delle piccole e medie imprese fornitrici di semilavorati. Oggi esse, invece di diventare promotrici di innovazione presso i produttori finali, si combattono a colpi di sconti.

Cercando una sintesi: il problema della perdita della capacità di produrre cassa è causato da un rifiuto verso l’innovazione profonda.

L’innovazione tecnologica rischia di essere una pietosa illusione. Se non si vuole modificare l’identità profonda delle imprese, si immagina che l’innovazione tecnologica possa permettere di continuare a “far funzionare” l’identità del passato. Forse in qualche modo l’innovazione tecnologica può fare anche questo. Ma non è risolutivo: può venire immediatamente copiato dai tecnici dei concorrenti.

Come permettere alle imprese di vincere la sfida dell’innovazione profonda? Fornendo sia alle imprese sia alle banche, che ne sono il riferimento e il sostegno fondamentale, nuove risorse cognitive per riuscire a individuare i segni, abbondantissimi, di nuovi e futuri mondi possibili. Nuove risorse cognitive per saper progettare concretamente nuovi mondi possibili.

Con queste nuove risorse cognitive le imprese riusciranno a sviluppare progetti di impresa profondamente innovativi che aumenteranno la loro capacità di produrre cassa.

Queste nuove risorse cognitive dovrebbero essere fornite dalle banche che dovrebbero usarle per valutare i nuovi progetti di impresa.

Ma quali sono queste nuove risorse cognitive?

Facciamo un esempio. Oggi lo schema di riferimento di tutti è la competizione. Esso costringe a guardare ai concorrenti e cercare competitività. Se si usasse lo schema di riferimento della creazione di nuovi mondi, invece che ai concorrenti si guarderebbe ai segni del tempo futuro e si progetterebbe come “sfruttarli”, magari proprio insieme ai propri competitors che non sono solo i concorrenti, ma tutti coloro che operano all’interno della catena di valore nella quale è impegnata l’impresa.

Ma è proprio solo un esempio. Oggi sono disponibili mille nuove risorse cognitive che non vengono in nessuno modo usate e potrebbero essere decisive per scatenare la voglia e la prassi di progettazione di nuovi mondi. In generale, queste nuove risorse sono costituite da nuove conoscenze di strategia d’impresa e di organizzazione che sono del tutto sconosciute alle attuali classi dirigenti economiche. Sono state usate, anche se in forma embrionale ed intuitiva dalla classe imprenditoriale (non solo economica, ma anche sociale, politica e culturale) che ha costruito questo paese dopo la guerra.

Trasmissioni come la sua potrebbero proporre l’esistenza e diffondere queste nuove risorse cognitive e stimolare le classi dirigenti a definire progetti per diffonderle ulteriormente e farle usare diffusamente. Immagini se alla sua trasmissione fossero stati presenti Marchionne e qualche banchiere importante ai quali si sarebbero proposte queste idee … In mezzo ad interlocutori politici e sociali che avrebbero potuto scoprire il problema del rifiuto dell'innovazione, dell'ignoranza di mille conoscenze … Sarebbe certamente un passo importante per sviluppare socialmente un grande progetto per fornire al sistema imprenditoriale e finanziario italiano nuove risorse cognitive per progettare un nuovo mondo.
La ringrazio per l’attenzione. Mi consideri a disposizione per ogni approfondimento.


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