"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

mercoledì 5 settembre 2012

Sardegna: un Progetto di Sviluppo a industria pesante zero


di
Francesco Zanotti
Credo che la mia proposta in questo momento susciterà più critiche che consensi, ma la faccio lo stesso perché mi sembra eticamente doveroso provarci.
Un Progetto di Sviluppo a industria pesante zero. Sì, perché l’attuale industria pesante sarda non è sostenibile. Credo che non sia sostenibile una filiera dell’alluminio in Sardegna. E credo anche che nel giro di qualche tempo si paleserà la crisi ineludibile dell’altra grande filiera sarda: quella del petrolio.

Le ragioni credo siano note a tutti. Sostanzialmente: diminuirà la domanda mondiale di prodotti derivati dal petrolio e di alluminio primario perché l’attuale tipo di apparato industriale non è sostenibile e perché il tipo di manufatti attualmente prodotti interesserà, complessivamente, sempre meno (auto docet). Si svilupperanno nuovi sistemi produttivi che produrranno diversi manufatti radicalmente diversi in modi altrettanto diversi. La rimanente (ma calante) domanda di prodotti derivati dal petrolio e di alluminio primario sarà soddisfatta da concorrenti che operano in “luoghi” produttivi a più basso costo.

Sono possibili tentativi di difesa temporanei delle produzioni sarde di derivati del petrolio ed alluminio primario, soprattutto se i costi sono a carico dello Stato. Ma sono tentativi destinati a costare sempre di più e, sul breve-medio termine, dovranno essere sospesi. Non solo, ma illuderanno tutti che non è necessario immaginare una economia radicalmente nuova per la Sardegna.

Detto diversamente: prima o poi un Progetto di Sviluppo a industria pesante zero per la Sardegna sarà inevitabile. Più tardi lo si fa più alti saranno i costi economici e sociali che comporterà il farlo.

Che significa definire un Progetto di Sviluppo a industria pesante zero?

Propongo una risposta concisa, riservando una risposta più operativa da altre sedi.
Ed è una risposta di processo: dirò come si fa a svilupparlo. Perchè un Progetto di questo tipo può solo essere costruito socialmente. E non può venire da nessun profeta o tecnico solitario. Non sarebbe riconosciuto sensato (cioè carico di senso) e, conseguentemente, non verrebbe realizzato.
Il processo dunque.
Il primo passo di questo processo è quello di stendere un Libro Bianco dei Segni del Tempo Futuro. Intendo dire un Libro Bianco che descrive quali sono le potenzialità di sviluppo di una società diversa. Cito in ordine sparso: modelli di nuovi manufatti e di nuovi processi produttivi possibili. Le nuove esigenze esistenziali che possono ispirare struttura e funzioni dei nuovi manufatti. Nuove potenzialità di servizio, nuovi modelli di città, di agricoltura. Nuove risorse cognitive: visioni del mondo, modelli, teorie, metafore. In particolare: una nuova conoscenza sistemica capace di guidare la progettazione sociale di nuove società. Da ultimo: nuove tecnologie. Perché da ultimo? Perché le nuove tecnologie non sono un universo completamente strutturato: un serbatoio di oggetti da usare. Sono solo potenzialità che possono essere concretizzare solo se guidati dal desiderio di nuovi oggetti, nuovi sistemi produttivi, nuove modalità di convivenza.
Gli autori di questo Libro Bianco dovrebbero essere giovani sardi, opportunamente formati.

Questo Libro Bianco dovrebbe essere distribuito a tutte le forze sociali ed imprenditoriali dell’isola perché immaginino quale possa essere la vocazione tipica, il ruolo della Sardegna di fronte alle potenzialità di costruire una nuova società ed una nuova economia. E progettino un sistema di attività economiche che concretizzi questa vocazione.
Il risultato di questa progettualità viene formalizzato in un Progetto di Sviluppo della Sardegna che, credo, a quel punto non sarà più indicato in termini “escludenti”, come è inevitabile ora (“a industria pesante zero”). Sarà certamente a industria pesante zero, ma acquisirà un titolo che descriverà il tipo di alternativa che è stata progettata.
Le risorse per sviluppare queste nuove attività sarebbero una percentuale ridicola di quelle necessarie a difendere l’attuale sistema di industria pesante. E potranno essere facilmente trovate per progetti che nascano in questo modo.
Un Progetto di Sviluppo di questo tipo genererebbe poi modelli di convivenza nuovi, occasioni nuove di produrre arte …
A tutte le forze sociali ed imprenditoriali dovrebbero essere fornite le risorse cognitive per sviluppare una intesa e nuove progettualità strategica.
La guida di questo processo di progettualità sociale dovrebbe essere affidato allo stesso gruppo di giovani che ha redatto il Libro Bianco dei Segni del Tempo Futuro.
Al di là delle proposte, che inevitabilmente svilupperà questo processo, già da ora è possibile dire che il solo avviarlo genererà rilevanti opportunità economiche.
Infatti, il disporre di metodologie per sviluppare un Libro Bianco dei Segni del Tempo Futuro e il Progetto di Sviluppo che da esso si può generare, costituisce una potenzialità di sviluppo economico. E’ una competenza ed una capacità di servizio che si può vendere in tutto il mondo. E’ un’occasione di riflessione e sviluppo per tutte le Università sarde che acquisirebbero una nuova notorietà mondiale. Sarebbe l’occasione di mille manifestazioni per un nuovo turismo che penso si possa definire “progettuale”. Finalizzato a informare, coinvolgere persone in esperienze di progettazione del futuro. E non solo di visita del presente e del passato. Sarebbe il trasformare la Sardegna in uno dei poli mondiali che lavorano per costruire un nuovo Rinascimento. Che futuro preferiscono i giovani per i quali si dice di lavorare? Un futuro inevitabilmente effimero in miniera, in raffineria o tra le colate di alluminio o un posto da protagonista nello sviluppo della società, dell’economia, della conoscenza e dell’arte prossime venture?


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