"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

giovedì 20 giugno 2013

"One Plan", altro che "One Report"!

di
Luciano Martinoli

E' disponibile in rete un articolo dal titolo "One Report. Obiettivo "Unico Bilancio" che narri e combini le informazioni finanziarie con quelle non finanziarie". E' una recensione del libro di Eccles e Krzus sulla necessità di dare una vista unica dell'azienda, allargata rispetto alle consuete informazioni economiche e finanziarie e non spezzettate in vari documenti, tipicamente bilancio e rapporto sulla sostenibilità. 
La strada per creare questo mitico One Report, a mio giudizio, non è quella di combinare ciò che è economico con quello che non lo è, come suggerisce l'autore. La via maestra è quella di includere tutte le dimensioni non economiche nella strategia dell'impresa utilizzando un linguaggio progettuale che ne consenta l'adeguata rappresentazione e trattamento, come abbiamo fatto nel modello che usiamo, tra l'altro, per effettuare il Rating del Business Plan.
Si tratta insomma di superare un artificiale spezzettamento nato in USA per meglio rappresentare la grande impresa industriale dell'epoca, anni '60, in un periodo dove era prevalente l'attenzione sulle dimensioni economico-finanziarie.
Come fare?
Innanzitutto attingere alla conoscenza, troppo spesso dimenticata da tutto il settore della consulenza e, sorprendentemente, anche dagli stessi accademici di Harvard!   

La prima conoscenza a cui attingere per tale scopo è quella della Corporate Strategy, disciplina, spesso ignorata o poco conosciuta (dallo stesso Eccles a quanto pare visto che probabilmente nello stesso edificio dove ha l'ufficio ci sono fior fior di studiosi di tale materia), che da più di mezzo secolo si occupa non di suggerire le migliori strategie ma di fornire potenti strumenti e linguaggi per descriverle. Poi girovagare per le scienze non declinate sia umane che naturali, per avere ispirazioni e metafore che guidino nell'affrontare temi altrimenti apparentemente irrisolubili o sfuggevoli. Il risultato è una sintesi progettata per cogliere la natura unitaria dell'impresa e la sua intima relazione multidimensionale con l'ambiente circostante (di business e non). Un linguaggio che ha la capacità al suo interno, è progettato per descrivere quella unità "olistica" ricercata. Infatti le visioni locali, separate e spezzettate di oggi sono più figlie di una volontà (unica capacità?) di comprensione basata su una logica riduzionistica che esistenti davvero nella realtà. Tali separazioni hanno dato vita ai linguaggi specialistici che oggi usiamo e che sono incapaci, per definizione, di creare quell'unità di visione ricercata.

Dunque non bastano richiami più o meno articolati sulla necessità di "One Report" ma la disponibilità di linguaggio idoneo che faccia sua la visione integrata e olistica dell'impresa. 
E' il linguaggio opportuno che scioglie dentro di sè le contraddizioni create da schemi mentali, e conseguenti linguaggi, non adeguati. 

Vediamo in breve alcune di queste contraddizioni, o contrasti, che permangono negli schemi attuali, citati nella recensione, e come possono essere superati da un nuovo linguaggio (ad esempio il modello di cui sopra).

...l'organizzazione racconta, a fianco dei risultati finanziari, anche quelli sociali, ambientali e di governance, in ottica integrata, per dare una visione globale e olistica dell'impresa.

Perché "a fianco"? I risultati finanziari sono il risultato, emergente, delle interazioni aziendali con quelle dimensioni sociali, ambientali (ma anche culturali, con i media, con la dimensione politica, istituzionale, culturale) senza le quali non hanno senso. Ne sono la causa, non un fastidioso orpello da mettere di fianco.

...rendicontare informazioni finanziarie e non finanziare (tradizionalmente contenute nei report di responsabilità sociale e di sostenibilità) significa infatti dimostrare l'impatto che le une hanno (o non hanno) sulle altre

Più che "dimostrare" qui bisogna "svelare". Non c'è nulla da dimostrare, l'impatto delle azioni dell'azienda sull'ambiente (quello multidimensionale su definito) sono reali. Sono incapaci di comprenderli solo i tristi ragionieri, in via di estinzione (?), piegati sui libri dei numeri che pensano siano generati da forze misteriose e a loro inspiegabili. Dunque il legame tra informazioni finanziarie e non finanziare va semplicemente "rivelato".

Il bilancio unico aiuta le organizzazioni a quantificare il valore della Responsabilità Sociale d'Impresa (RSI) e a non limitarsi ad affermare, in modo vago, che la sostenibilità fa bene agli azionisti. 

Non esistono più variabili sociali, o altre "non economiche", esterne al business, ormai esse fanno parte del business e devono di diritto far parte della strategia. Molto più semplicemente è da affermare, e rappresentare, un altro punto di vista, più vicino alla realtà: l'Impresa o è responsabile verso l'ambiente da cui trae risorse e prosperità (ma più che di responsabilità parlerei di inclusione nel proprio business) o, semplicemente, non sarà!
Anche qui non c'è nulla da quantificare e dimostrare. E' l'azione stessa dell'impresa che deve essere ispirata a tali principi. 

One Report migliora il coinvolgimento di tutti gli stakeholder ...

Vi è un solo modo per migliorare il coinvolgimento di chicchessia nel fare qualcosa: chiamarlo a partecipare nella costruzione di quel qualcosa. Un report, tipicamente a senso unico, non è sufficiente a tal scopo.

One Report può aiutare a identificare le aree dove c'è un gap tra reputazione e realtà.

Se il piano, come suggerisce ad esempio il nostro modello, è redatto con tutti gli stakeholder rilevanti (qui vi è la dimensione del processo non citata in questa recensione su One Report, ovvero chi e come dovrebbe redigerlo) il rischio di gap non esiste. Compare laddove la "realtà" la si costruisce nella solitudine dei propri uffici scambiandola per quella esistente fuori l'azienda.

Concludo affrontando un punto che forse è il più importante di tutti. Oggi non abbiamo più bisogno di "Report", fotografie del passato ingiallite il giorno dopo che sono rese disponibili.
Oggi abbiamo bisogno di "Progetti di Futuro" che vedano coinvolti tutti gli attori rilevanti per l'impresa. Ed è il processo di progettazione che è importante, non la sua rappresentazione finale, con profondi significati solo per i partecipanti che, proprio per l'intensità della loro partecipazione, saranno impegnati a realizzarlo, tutto intero, il più velocemente possibile, senza gap.
Ecco allora che il significato di ciò che ho proposto all'inizio è ben più di un "One Report": è la proposta per un "One Plan".

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