"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

domenica 11 agosto 2013

Una domanda impertinente: soldi alle imprese… ma per farne cosa?

di
Francesco Zanotti


Tante voci sul Sole 24 Ore, un unico messaggio: è urgente fare arrivare soldi alle imprese.
Ma nessuno si pone il problema di cosa se ne faranno le imprese. Anche la “vicenda” dei mini bond viene presentata con una ragione curiosissima: poiché è difficile trovare domanda di credito “buono”, allora troviamo forme di finanziamento diverse dal debito bancario. Ma se non è buono il “credito”, come fa ad essere buono il fornire risorse a debito da parte di finanziatori che non siano le banche?
Io credo esista una ragione nascosta, forse non consapevole, ma decisiva in questo ragionare. In realtà si attende che la ripresa metta tutto a posto. Peccato che una ripresa alta e forte dell’attuale economia non ci sarà. Ci sarà solo la nascita di una nuova economia.
Allora merita credito o capitale solo chi riprogetta radicalmente la propria impresa. Ma chi è in grado di capire se un progetto strategico racconta di una rivoluzione o descrive solo come ci si attrezza per sopravvivere fino anche non ci sarà la ripresa? Sarebbe possibile farlo, ma occorrerebbe una rivoluzione nelle conoscenze e negli strumenti di analisi e progettazione strategica che usano banche ed imprese. Purtroppo negli ultimi vent'anni si è proceduto con il passo del gambero. Agli inizi degli anni ’90 avevo costruito una sintesi delle conoscenze e degli strumenti di analisi e progettazione strategica allora disponibili. Riguardando quella sintesi venti anni dopo mi accorgo che una parte rilevante di quelle conoscenze e quegli strumenti è stata addirittura dimenticata. Non solo non si cercano nuove conoscenze e nuovi strumenti di analisi e progettazione strategica, ma si dimenticano anche quelli che sono disponibili da decenni.
La conservazione è in ogni angolo. La conservazione culturale e professionale è interpretata con determinazione. Ogni progresso è visto come un attacco di lesa maestà a ruoli professionali o manageriali.

E’ il momento di abbandonare la pratica della conservazione che si porta dietro la retorica di una crescita che non arriva mai.

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