"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

venerdì 24 gennaio 2014

Quanto è bello indebitarsi (con i minibond)... ma perchè?

di
Luciano Martinoli


Anche ItaliaOggi dello scorso lunedì si occupa dei "minibond". Un inserto che descrive, anche in maniera dettagliata, il processo e gli adempimenti per l'emissione. Preceduto da una serie di articoli che espongono considerazioni di opportunità e giudizi di merito, quali il beneficio della disintermediazione bancaria.
Rimane però il quesito di fondo: perchè l'azienda ha bisogno di indebitarsi, ovvero ricorrere a finanza esterna in modo apparentemente strutturale? (fino all'assurdo, come citava un articolo: anche le aziende sane rischiano di chiudere per mancanza di credito. Ma se hanno continuo bisogno di credito per campare non sono sane!)
Un'azienda sana produce cassa, ovvero si autofinanzia. E' scritto nei manuali, è ben noto agli imprenditori, almeno quelli di prima generazione (meno a molti manager), e voluto da tutti i finanziatori.
Ora, il ricorso a finanza esterna dovrebbe essere un'attività straordinaria per finanziare progetti di ristrutturazione che abbiano, come output finale, il ritorno alla produzione di cassa, sia per riconquistare lo stato di salute originario, sia per restituire il debito e pagare gli interessi.
Negli articoli sui minibond però, anche nel caso di ItaliaOggi, nessuno parla di "progetti". Certo si accenna al fatto che una emissione è per finanziare un progetto, ma questo è presentato più come un mero adempimento burocratico, come lo può essere la modifica dello statuto o la revisione del bilancio. Così facendo può essere interpretato come una foglia di fico, una scusa, per nascondere nudità sconce: la necessità di sopravvivenza al posto della voglia di sviluppo.

Graziaddio, proprio con l'intervento dei finanziatori non bancari, la foglia di fico cade.
Laddove la banca infatti è stata colpevole dell' aver mantenuto le aziende in uno stato di dipendenza dal debito, innaturale e pernicioso che ora stiamo pagando tutti, questi signori guardano a ben altro. Il loro intervento è finalizzato davvero a una ristrutturazione aziendale, più o meno profonda, perché è l'unica che può garantire la riuscita del loro business.

Benvenuti dunque i "banchieri non bancari", portatori di una sana volontà di sviluppo laddove però vi sono i fondamentali forti. Questi sono le volontà di sviluppo descritte nei piani (i Business Plan) che vengono, purtroppo, dati per scontati.
Di questa distrazione è addirittura colpevole il legislatore, anche se in questo caso si è dimostrato particolarmente illuminato. Viene infatti richiesta la certificazione legale di bilancio, sacrosanta, gli adempimenti al codice civile (modifiche statuto e conformità atti assemble e CDA), dovuti, rating di credito riconosciuti, necessari, ma nulla è richiesto sui "piani", che poi sono l'oggetto dell'emissione. La qualità (da certificare con un "Rating" del Business Plan), addirittura la presenza, del piano sono lasciati alla libera negoziazione delle parti al punto che un azienda potrebbe emettere minibond senza un piano di sviluppo, ma solo quello di rientro del debito, se qualcuno lo comprasse (ed è successo). E ricordo che il nome del decreto che varò le prime norme si chiamava "Decreto Sviluppo"!
Che sviluppo ci può essere senza che esso venga progettato e descritto documentalmente?

Ecco allora che diventa altamente auspicabile avviare e rendere trasparente un dibattito sulla componente fondamentale di questo come di altri strumenti finanziari per le aziende: la progettazione strategica.
Purtroppo viene data per scontata o di competenza di "altri", i soliti "esperti", laddove è la componente chiave dello sviluppo (ed è bene ricordare che senza progetti non vi sono emissioni minibond).
Sono gli adempimenti tecnici, di cui invece si parla sempre, che è roba da "esperti" e che interessa poco a noi tutti (e invece si parla solo di quelli).

Nessun commento:

Posta un commento