"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

venerdì 7 febbraio 2014

Le agenzie di rating e i "racconti" che non ci sono

di 
Luciano Martinoli


Egregio Dott. Taino
Ho letto con interesse il suo gustoso commento, pubblicato sul Corsera del 6 febbraio scorso, sulla vicenda delle agenzie di rating e del procuratore De Dominicis.
Sono d’accordo sulla sua analisi… ma solo in parte.

Giustamente ricorda che “molti capitali escono dalle loro (dei paesi emergenti) economie e cercano Paesi e storie di crescita su cui investire” e che l’Italia è nella posizione di poterne attrarre.
Ma chi racconta, in Italia e delle sue aziende, le “storie di crescita su cui investire”?
Lei ritiene che le agenzie di rating sono “indispensabili” per i “mercati finanziari moderni” ma la loro indispensabilità è esclusivamente motivata da un deficit di “racconto” che è presente in tutte le economie del mondo e in tutte le loro aziende (e gli investitori davvero moderni hanno capacità di giudizio autonome dalle agenzie, come dimostra il recente caso del debito di Puerto Rico).
Se tutti, paesi e aziende, fossero in grado di “raccontare la loro storia di crescita su cui investire”, e questa storia fosse chiara, professionale, verificabile nel tempo ma, soprattutto, appassionante, a che servirebbero le agenzie di rating?
Ciò che in maniera grottesca è stato evidenziato in questa vicenda è la necessità di un nuovo “mercato finanziario moderno”. Ma non quello che fa intendere lei dove le agenzie di rating sono quasi un “male necessario”. Serve invece un mercato dove non abbondano solo le tecnologie ICT, bio, nano o altre diavolerie, ma anche quelle tecnologie “umane” che esprimono capacità di scrivere racconti professionali e emozionanti di storie di crescita sulle quali chiamare investimenti a frotte.
Le risulta che qualche paese li scriva, dagli USA in giù? Ecco perché “servono” le agenzie di rating: delega al giudizio in mancanza di oggetto di giudizio!
Le risulta che lo fanno le aziende nel mondo? Legga allora questo articolo di un caso di un’azienda USA, ovvero nel più “moderno” mercato finanziario al mondo, che non si sa ancora che modello di business abbia. Oppure il nostro rapporto sul Rating dei Business Plan  delle aziende FTSE MIB e STAR della Borsa Italiana.
Che “storie di crescita” sulle quali attrarre investimenti si possono comprendere?

Allora sarebbe opportuno stimolare le nostre classi dirigenti pubbliche (Ministeri, Corte dei Conti, Preture, ecc.) e private (CDA, Assemblee soci, manager, ecc.) a dotarsi di conoscenze per scrivere e giudicare storie di crescita. A poco serve limitarsi a commentare ironicamente l’appiattimento a delle pratiche consuete, i rating delle agenzie, che stanno mostrando tutti i loro limiti.
E tali conoscenze sarebbe opportuno cercarle non nei paesi “moderni”, che tanto efficienti non sono come le dimostrano i due esempi citati, ma laddove si levano, soprattutto nel nostro paese, voci che indicano direzioni nuove, contrarie all'andazzo comune, apparentemente folli.
Perché qualcosa di radicalmente nuovo, che è ciò di cui abbiamo bisogno, si presenta all’inizio come folle, in caso contrario non sarebbe davvero nuovo.

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