"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

giovedì 9 ottobre 2014

Tesi di Laurea comprate e... Business Plan

(ovvero sulle conseguenze del falso)
di
Luciano Martinoli


Recentemente è balzato agli onori della cronaca, come spesso purtroppo periodicamente accade, lo scandalo delle tesi di laurea acquistate.
Dove risiede lo scandalo? 
Al di là del reato previsto dal nostro ordinamento (legge 19 aprile 1925, n. 475. Repressione della falsa attribuzione di lavori altrui da parte di aspiranti al conferimento di lauree, diplomi, uffici, titoli e dignità pubbliche) la tesi di laurea è "una dissertazione scritta con lo scopo di dimostrare la compiuta conoscenza di un argomento" come si legge dal sito di una Università. 
Dunque non è il documento in se per se che è importante ma la testimonianza di ciò che è avvenuto prima. Migliore sarà il documento migliore sarà stato il processo che l’ha prodotto, più meritorio sarà lo studente che lo ha prodotto. Acquistare la tesi significa dimostrare inequivocabilmente che tale processo non c’è stato, che ciò che si propone, la tesi, non corrisponde alla qualità del proponente.
Insomma un falso bello e buono, anche riguardo la persona.
Cosa c’entrano i Business Plan?

Cominciamo a riassumere cosa è un Business Plan.
E’ il progetto di futuro dell’impresa.
Oggi deve essere un progetto di rivoluzione dell’impresa. Allora il Business Plan è il documento che dimostra agli investitori la competenza sul futuro dell’imprenditore e della sua impresa.
Ecco dunque che appare il parallelo ... tra il serio e il faceto.
Tutti riconoscono che per esercitare una professione è necessario che la collettività (attraverso le Università) riconosca la professionalità di chi la esercita attraverso un titolo accademico che si acquisisce dopo un giudizio su di una tesi di laurea.
Nello stesso modo chi consegna risorse finanziarie ad una impresa deve “promuovere” la competenza di fare il mestiere dell’impresa (moltiplicare la risorse finanziarie affidate). Per misurarlo deve valutare il Business Plan e deve essere sicuro che esso sia redatto da coloro che esercitano il mestiere del fare impresa: l’imprenditore e tutta la sua gente.

Se questo non accade siamo di fronte ad un sostanziale “falso aziendale”, tanto più grave quanto più su questi falsi si prestano denari, si concedono garanzie e si supportano progetti. Ovviamente le conseguenze sono inevitabili: i denari non vengono restituiti, le garanzie si riscuotono, i progetti falliscono. 

E’ giunto allora il momento di un cambio radicale di prospettiva: primum impresa, la sua identità e il suo progetto per modificarla, contenuti nel Business Plan. Tutto il resto ne discende.
E guai a chi proponga Business Plan “falsi” come le tesi di laurea acquistate. Cosa infatti ci si può aspettare da chi bara sul suo futuro (e di conseguenza su quello degli altri)?

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