"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

lunedì 9 febbraio 2015

HP... che tristezza!

di
Luciano Martinoli


Nell'agosto del 1983 fui assunto, giovane neo laureato, in un'azienda, semisconosiuta ai più, dal nome complicato e di difficile pronuncia per gli italiani: Hewlett-Packard.
Due giovani ingegneri elettronici, Bill Hewlett e Dave Packard, l'avevano fondata meno di una quarantina di anni prima.
Nel decennio in cui vi lavorai ebbi modo di assistere, e localmente di contribuire, al successo economico e di mercato dell'azienda. Ricordo che uno dei vanti era mostrare ai clienti la percentuale del fatturato in base all'anno di introduzione dei prodotti venduti: oltre il 90% era costantemente fatto con prodotti introdotti non più tardi di un paio di anni prima.

L'azienda infatti aveva la capacità di creare continua innovazione: nella strumentazione elettronica come in quella medicale e analitica, nei computer come nelle stampanti, scompaginando assetti di mercato consolidati a proprio vantaggio. Con tale innovazione i nuovi prodotti non solo consentivano di fare "meglio e a meno" ciò che si otteneva con quelli esistenti, ma il più delle volte creavano mercati totalmente nuovi. Mitica la "sfida", da me vissuta in prima linea, dei computer RISC-Unix in contrapposizione alle piattaforme mainframe IBM.
I risultati creavano una spettacolare produzione di cassa che si manifestava in imponenti e continuative spese in ricerca e sviluppo, importanti iniziative di marketing e comunicazione sul mercato e trattamenti da favola per i dipendenti. Questi ultimi, e lo posso testimoniare "dall'interno", si sentivano attori protagonisti di questi successi, non semplici esecutori di volontà altrui. L'impegno era costante e di tutti, non si andava esclusivamente a "lavorare per lo stipendio" ma a far accadere qualcosa di importante, per se e per gli altri. Entrare in un ufficio alle 19,30 era lo stesso che farlo alle 11 di mattina: c'erano ancora tutti e tutti contenti di darci dentro.

Andai via qualche anno prima della morte dei due fondatori, con Lew Platt ultimo CEO da loro scelto. Dopo di lui l'azienda fu spacchettata e arrivarono i "manager professionisti", dove la loro professionalità si capì, da lì a poco, in cosa consisteva.

Iniziai ad avere notizie, anno dopo anno, di riduzioni di personale e ristrutturazioni, da un lato, e di prodotti banali in competizione con altri e acquisizioni di doppioni (fin quando ci lavorai io le crescite erano state tutte quasi esclusivamente interne), dall'altro.

In questi giorni leggo la notizia di una tavolo aperto presso il Ministero dello sviluppo economico per il rilancio delle attività in Italia, ultima tristissima fase di un declino che non è nei tempi, come forse qualcuno di voi già pensa, ma nelle capacità e volontà di rinnovarsi.
E' una ulteriore conferma di quanto da tempo affermiamo, ben riassunto nel nostro ciclo di vita del valore.


"Altri tempi", qualcuno commenterà, e sono d'accordo ma proprio perchè oggi i tempi sono "altri" vi è l'urgenza di fare "altro": una riprogettazione profonda, delle identià strategiche delle imprese, fino ad una ridefinzione del senso stesso di fare impresa. Ovviamente, per riuscirci è necessario che gli imprenditori attingano a nuove risorse cognitive: le conoscenze e le metodologie di strategia d'impresa.

Nessun commento:

Posta un commento