"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

sabato 31 ottobre 2015

La risorsa più scarsa

Colonne d'Ercole

Oltre lo stretto di Gibilterra alla ricerca di "fondamentali"
dell'economia e della finanza migliori (o uguali?).

di
Luciano Martinoli


Anthony Doyle, investment director del team retail fixed interest di M&G Investments, all'avvicinarsi di Halloween si è divertito (ma non c'è proprio nulla di divertente) a realizzare i 5 grafici più spaventosi sull'economia globale.
Per lo scopo del titolo di questo post consideriamo solo il primo.

giovedì 29 ottobre 2015

I consulenti per la strategia: il caso delle banche...grande è la confusione!

di
Luciano Martinoli


In un recente articolo apparso sulla rivista Forbes, gli autori, della società di consulenza Bain, sostengono una tesi che mostra tutta l'approssimazione e la confusione che regna nel mondo della consulenza strategica. La tesi, riassunta nel titolo, è la seguente: "Dopo anni di subbuglio è tempo per le Banche di re-imparare la Strategia d'Impresa".
Perchè e dove i signori di una delle leader della consulenza strategica fanno confusione?

martedì 27 ottobre 2015

Assemblea Assolombarda ottobre 2015

di
Francesco Zanotti

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Non ho partecipato all’Assemblea. Il mio riferimento è il resoconto che ne fa Dario Di Vico oggi sul Corriere.
Prendo alcune affermazioni di Rocca e ne ... faccio il controcanto. Decida il lettore quale melodia preferisce.

Rocca, parlando dei rapporti con i sindacati propone l’urgenza di aumentare le produttività. Ovviamente l’aumento della produttività è intesa come diminuzione del costo del prodotto.
Controcanto: la produttività è un rapporto. Si può aumentate anche il valore del numeratore: il valore delle cose che si producono. Per far questo occorre una nuova progettualità strategica. Occorrerebbe sfidare il sindacato a partecipare a questa progettualità strategica.

Rocca: non riusciamo a trasformare la scienza in tecnologia.
Controcanto: ma di quale scienza stiamo parlando? Quella del LHC, dell’IGNITOR o della fusione fredda? Quella del riduzionismo genetico o neurale o quella dei fenomeni collettivi emergenti?

Rocca: tenere insieme scienza tecnica, arte e cultura.
Controcanto: a quando un progetto per farlo? Mai letto il nostro progetto per realizzare un'Expo della Conoscenza? Non si riesce proprio ad uscire da una visione “museale” della Cultura per cui si difende a valorizza il passato (certo opera meritoria), ma non ci si pone la sfida di creare una nuova cultura?


sabato 24 ottobre 2015

Un filosofo russo del XVIII secolo, un fisico inglese contemporaneo e l’imprenditore.

di
Francesco Zanotti
Il filosofo russo è Grigorij Skovoroda che è nato nel 1722 e morì nel 1794. Il fisico inglese è Sir Roger Penrose. Ma che c’entrano l’uno con l’altro? C’entrano perché dicono quasi le stesse cose. Il filosofo russo è anche più propositivo. E l’imprenditore? Dovrebbe imparare da entrambi.

Cominciamo dal filosofo russo.
Skovoroda sostiene che vi sono tre mondi. Il primo è il macro cosmo che corrisponde all’Universo. Il secondo è il microcosmo che corrisponde all’uomo. Il terzo è la realtà simbolica che riflette il legame tra i due mondi e che trova la sua forma concreta nella Bibbia.
Arriviamo al fisico inglese.
Anche Penrose sostiene che esistono tre mondi. Il primo è il mondo fisico che corrisponde al macrocosmo di Skovoroda. Il secondo è il mondo mentale che, evidentemente corrisponde al microcosmo di Skovoroda.
Il terzo è il mondo platonico della matematica che è un mondo simbolico e che corrisponde alla Bibbia di Skovoroda.
Si potrebbe parlare di isomorfimso tra le due posizioni. Se approfondiamo un attimo il discorso vediamo che il parallelo continua, ma il filosofo continua la sua proposta mentre il fisico si limita ad avanzare dubbi.
Il filosofo: ognuno dei tre mondi ha due dimensioni. La prima invisibile che costituisce il principio incondizionato della realtà e della sua forma. Skovoroda la chiama: Dio. La seconda è l’immagine teofanica della prima. Per Skovoroda, di Dio.
Il fisico: la corrispondenza tra i tre mondi non è assoluta. Ma non diventa propositivo come Skovoroda. Magari togliendo il riferimento a Dio che di questi tempi sembra disturbare, il filosofo russo propone il modello: potenzialità di futuro, realtà del presente. Anche il fisico ci si potrebbe riconoscere. Egli chiama le potenzialità di futuro: vuoto quantistico.

Proviamo a fare un salto all’imprenditore. Si chiama Giovanni

Se egli si ispirasse a questa fonte di conoscenza la crisi finirebbe subito.
Si accorgerebbe che vive troppo dell’oggi, e, invece, dovrebbe  ispirarsi alle potenzialità di futuro. A lui invisibili, ma da realizzare.
Si accorgerebbe che per concretizzare le potenzialità deve dare loro una forma simbolica. Non si concretizzano opportunità di futuro complesse se non si scrive un Business Plan.

Fonti:
Sul filosofo russo, la mia fonte di informazione è “La filosofia Russa” di Chiara Cantelli nel volume “Filosofie nel mondo” a cura di Virgilio Melchiorre, edito fa Bompiani.
Sul fisico inglese a mia fonte di informazione è il suo libro “The road to reality” pubblicato da Knopf.
Sull’imprenditore Giovanni la mia fonte è


giovedì 22 ottobre 2015

Ferrari: finalmente si comincia a capire

di
Francesco Zanotti

Oggi Alessandro Plateroti in prima pagina sul Sole 24 Ore titola: ”La sfida Italiana? Avere tante Ferrari”. Ma ci sono voluti gli americani che dopo il successo della quotazione della Ferrari, hanno chiesto “What’s next”? Cioè: che altre meraviglie avete per noi?
Mi piace sottolineare che in questo blog l’avevamo detto tre anni fa. Dicevamo che servivano tante Apple perché Apple è più grossa della Ferrari, ma intendevano la stessa cosa: noi supereremo la crisi solo generando meraviglie: imprese opere d’arte.
Siamo contenti che si cominci a capire, ma ci dispiace che non si vada fino in fondo. La sfida infatti è: ma come si fa a far nascere mille imprese opere d’arte?
Le riposte che dà Plateroti sono troppo “esortative”. Operativamente non dice come fare a cominciare da stamattina.
Noi abbiamo una proposta. L’Italia è piena di imprenditori eccellenti. Ma sono come macchine potentissime alle quali manca la “benzina”. E questa benzina non è costituita dalle risorse finanziarie, ma dalle risorse di conoscenza. In particolare le conoscenze e le metodologie di strategia d’impresa. Esse servono a cogliere le potenzialità di sviluppo attuali che non sono più “puntali” come un tempo, ma sempre più sistemiche. E a progettare risposte a queste potenzialità con progetti complessi e articolati. Senza le conoscenze e le metodologie di strategia d’impresa gli imprenditori girano a vuoto. Sono come un poeta a cui manca la vista e la lingua. La sua potenzialità poetica si esaurisce nella frustrazione di non saper leggere il mondo e nel non poter costruire progetti strategici (Business Plan) alti e forti.
Anche ai finanzieri mancano le conoscenze e le metodologie di strategia d’impresa. Dovrebbero, invece, disporne per poter valutare sei i Business Plan sono alti e forti. Dovrebbero distribuirle agli imprenditori e stimolarli ad usarle. Questo vale soprattutto per tutte le nostre banche commerciali che vantano legami forti con i territori. Se vogliono salvaguardare il loro impegno e significato sociale devono distribuire risorse cognitive insieme a risorse finanziarie.
Il mancato utilizzo di conoscenze e metodologie avanzate di strategia d’impresa è quello che sta “inaridendo” l’idea anche buona dei minibond come racconteremo nei prossimi giorni.


martedì 20 ottobre 2015

Finanziarie Regionali e minibond: consapevoli dei rischi?

di
Luciano Martinoli


E’ notizia recente il sostegno, a vario titolo, di alcuni operatori pubblici locali all’emissione di minibond da parte di PMI del loro territorio. Andiamo dalla Sardegna, dove la SFIRS, finanziaria regionale, ha annunciato la costituzione di un fondo di garanzia, al Veneto, dove la locale finanziaria regionale insieme alle BCC hanno costituito un fondo apposta. E non è da dimenticare l’ennesimo annuncio della Regione Lombardia di strumenti a supporto in tale direzione dei quali, però, non sono ancora note le indicazioni operative tramite la Finlombarda, la finanziaria regionale.
Sono annunci certamente positivi ma i promotori di tali iniziative sono consapevoli dei rischi, così come delle opportunità di tali strumenti?
Come scongiurare i primi per perseguire i secondi?
E gli scopi sono per dispiegare strumenti per finanziare lo sviluppo o la sopravvivenza dei tessuti economici locali?

lunedì 19 ottobre 2015

Volkswagen (e altre): morire di passato

di
Francesco Zanotti


Una classifica dei migliori CEO al mondo pubblicata sulla Harvard Business Review
ha messo al 20° posto Martin Winterkorn. Sì avete letto bene, il CEO di Volkswagen. Sergio Marchionne è “solo” 27°.
Un secondo elemento di riflessione (senza fare nomi perché non è la polemica che interessa): nelle classifiche delle aziende attente alla sostenibilità vi sono tante aziende che ogni giorno devono affrontae conflitti sociali.
Morale.
La prima è che non hanno importanza i risultati del passato. Anche perché non si sa bene a quali risultati si debba guardare. Certo se si guardano i conti, Winterkorne era un campione. Se si guarda ad indici astratti di sostenibilità non si scoprono le cause dei conflitti sociali. E si distribuiscono medagliette di merito a chi nei conflitti sociale è immerso fino al collo.
La seconda è occorre guardare ai Progetti di futuro: i Business Plan.

Da bilanci di performance e bilanci di sostenibilità a Progetti Strategici che hanno come sintesi il ruolo che le aziende che lo redigono vogliono avere nel costruire la società prossima ventura. Per non morire di passato.

giovedì 15 ottobre 2015

Megafusioni: L'inizio della fine?

Colonne d'Ercole

Oltre lo stretto di Gibilterra alla ricerca di "fondamentali"
dell'economia e della finanza migliori (o uguali?).

di
Luciano Martinoli


Sono stati riportati anche dai giornali nazionali le due megafusioni per un totale di 170 miliardi di dollari. Parliamo di Dell-EMC e Anheuser-Busch Inbev-SABMiller.
Andrew Ross Sorkin, dalle pagine virtuali di Dealbook (rubrica elettronica del New York Times), mette in guardia, molto correttamente, sui possibili entusiasmi: Più che un segnale di "mercato debole" siamo di fronte ad una "debolezza dei fondamentali".

Per rilanciare la domanda: progettualità profetica

di
Francesco Zanotti

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Stamattina sulla prima pagina del Sole 24 Ore Fabrizio Galimberti cerca di capire come rilanciare una domanda che langue. E la sua risposta è: fare in modo che la gente abbia in tasca più soldi.
Mi sembra una soluzione conservatrice. Che rischia addirittura di allargare ancora di più il gap tra finanza ed economia reale.
Proviamo a guardare da un'altra parte, allora.
La domanda è fredda perché i prodotti offerti interessano sempre di meno. Tanto è vero che alcuni prodotti vanno alla grande, anche se i soldi in tasca alla gente sono pochi. Detto diversamente: se i prodotti interessano, si fanno anche sacrifici per acquistarli. Se qualcuno si ricorda i tempi del nostro Boom economico, compravamo la Cinquecento (e tanti altri prodotti) non perché eravamo ricchi. Ma perché facevamo sacrifici per comprarli. E facevamo sacrifici perché questi prodotti erano “profetici”: erano Segni di una nuova società. Comprandoli si entrava in una nuova società.
Il Boom economico, poi, ci ha fatto diventare ricchi (e lo dimostra la quantità di risparmio degli italiani). Ma siamo diventati ricchi perché i nostri imprenditori hanno immaginato prodotti profetici.
Vogliamo rilanciare la domanda? Chiediamo agli imprenditori di tornare ad essere profetici.
Ma la finanza che c’entra? C’entra perché se date più soldi alla gente, ma non ci sono prodotti interessanti, questi finiranno nel risparmio. E che c’è di male? Che il risparmio cadrà nelle mani di finanzieri che non sanno cosa significhi investire nell’economia reale. Non sono banditi, sono solo sciocchi. Ed useranno i risparmi per gonfiare l’economia di carta. Invece di prodotti profetici avremo mucchi di carte che se qualche Banca Centrale non provvede a comprare avranno solo il valore della carta su cui sono scritti. Poiché non sono più scritti neanche sulla carta, neanche quel valore avranno.

Coraggio imprenditori, tornate a fare i profeti altrimenti dalla crisi non ne usciamo.

martedì 13 ottobre 2015

Auto e libera impresa

di
Francesco Zanotti

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Oggi l’inserto del Sole 24 Ore sul settore auto.
Il mercato dell’auto ha fatto boom quest’anno. Certo, in borsa lo chiamano “rimbalzo”.
Ma perché il mercato continui a crescere servono aiuti di Stato. Sì, è un espressione un po’ cruda, ma è ipocrisia sostenere che si tratta di “incentivi”. Si chiamano aiuti di Stato e portano a pensare che le imprese che producono auto non hanno una loro autonomia di mercato.
Faremo una verifica: quanta cassa produce chi fa e vendere auto? Se la produzione di cassa della gestione caratteristica è negativa, sarà un’ulteriore conferma che il produrre e vendere auto non è una attività che sta in piedi da sola.
Ulteriore problema: avete visto che tutto il settore auto sa solo fare restyling? La “nuova” Giulia, la “nuova” Peugeot 308, la “nuova” Tipo.
Ancora: l’aumento dei numeri di richiami (li fa anche Toyota titolare di quello che pomposamente definisce “world class manufacturing”). Fino al gigantesco “casino” .
Sommiamo tutto. Sorge una domanda: una libera impresa è quella che genera ricchezza e nuova socialità. Come fecero i produttori di auto dopo la guerra. Allora interpretavano il ruolo di libera impresa.
Oggi devono essere mantenuti e sono banali. Che ruolo hanno azionisti e manager?