"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

giovedì 5 novembre 2015

Parliamo di auto … e spaventiamoci

di
Francesco Zanotti

Risultati immagini per Fca, boom di vendite in USA

Guardando dentro le cose si scoprono gli altarini.
Guardando dentro l’aumento del PIL (non solo in Italia) si vede che un grande contributo è dato dalla vendita di auto. Ma, grazie a cosa è aumentata questa vendita?
Leggiamo il Sole 24 Ore di ieri (Fca, boom di vendite in USA). I fattori che hanno favorito il boom di vendite sembrano essere: la domanda cumulata, tassi di interesse bassi, credito facile e benzina a buon mercato. Nessuno di questi fattori è gestibile dai produttori. Quindi i produttori di auto sono in balia di fattori esterni. La controprova sta nel fatto che il miglioramento delle vendite è di tutti i produttori, non solo Fca. Ora, questi fattori esterni non potranno rimanere positivi in eterno. Soprattutto il combinato disposto di credito facile e tassi bassi è certamente effimero. Anzi è pericoloso perché è proprio questo combinato disposto che crea bolle.
Il mercato delle auto in Italia “risuona” con quello USA.
Sarebbe più tranquillizzante se i fattori di sviluppo del mercato fossero generati dai costruttori di auto. Ad esempio, una nuova proposta di modalità di trasporto individuale e auto che realizzassero questa proposta.
Invece i costruttori non cambiano il concetto di auto e gestiscono ancora le strutture produttive con quella filosofia organizzativa che si chiama WCMS (World Class Manufacturing System) pretendendo che essa porti alla qualità totale. Da questo punto di vista il crescente numero di richiami che tutte le case automobilistiche (escludendo i casi patologici di cui dirò alla fine, Toyota, la creatrice del WCMS in testa) stanno attuando a man bassa mette in discussione questa pretesa modalità perfetta di produrre.  Il mio amico e Senior Partner di CSE Crescendo, Luciano Martinoli, ha addirittura ipotizzato che i “richiami” siano “fisiologici”. Mi ha detto “Sai che i sistemi software sono soggetti a continui aggiornamenti. Lo sono perché stanno diventando sempre più complicati e non siamo in grado di progettare sistemi così complicati esenti da errori. Molti errori sono scopribili solo con l’uso. Da qui i continui aggiornamenti per correggere errori che l’uso evidenzia. Ora io credo che per le auto stia accadendo la stessa cosa. Sono diventati oggetti così complessi che è impossibile una progettazione perfetta. I costi dei richiami non dovrebbero essere considerati costi eccezionali, ma i normali costi di una progettazione che non può che essere continua.” Aggiungo io: ma questo dovrebbe far riflettere sul concetto stesso di impresa. Alla vita dell’impresa, compresa quella produttiva, non possono che partecipare anche i clienti, oltre che, ovviamente, i dipendenti. I clienti non sono solo titolari di esigenze che occorre interpellare per conoscerle. Essi non sono esterni, ma sono parte integrante del processo progettuale e produttivo
Arriviamo ai bilanci. Come dice Luciano, i costi di richiamo dovrebbero essere inseriti tra i costi “naturali”, abbassando drasticamente l’EBITDA.
Sommando questa considerazione col fatto che l’aumento degli acquisti è in qualche modo drogato dalla finanza, quali sono i margini e i flussi di cassa reali del fare auto?
La domanda diventa inquietante quando si scopre che il numero uno al mondo Volkswagen, quasi da un giorno all’altro, si trova sull’orlo del fallimento. E nel fallimento ci cadrà come una pera cotta (il lettore ricordi questa previsione). Non se ne convincono solo tutti coloro che non riescono a non abbandonare una cultura della conservazione. E non sopportano la realtà che in una società che sta cambiando radicalmente pelle: i giganti del passato perderanno inevitabilmente di senso.
La conclusione è che il settore auto riuscirà a sopravvivere solo grazie al fatto che viene mantenuto dalla collettività, come sta accadendo a troppe imprese.


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