"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

lunedì 8 febbraio 2016

Lettera aperta a Daniele Manca sul “consolidamento” del sistema bancario

di
Francesco Zanotti

Egregio Dottore,
leggo sempre con interesse i suoi articoli. In essi non solo leggo competenza, ma anche rigore etico. Ho letto anche il suo pregevole articolo sul CorriereEconomia di questa settimana sul consolidamento del sistema bancario.
Mi permetto di inviarle alcune idee “pesanti”, ma del tutto sottovalutate (direi: rilevanti, ma trascurate), che permettono di arrivare a conclusioni diverse dalle sue.

Inizio con due opinioni autorevoli.
La prima (più antica, ma lungimirante) è quella espressa nel Rapporto Ferguson, redatto per incarico dei Ministri delle finanze e i Governatori delle banche centrali del cosiddetto “Gruppo dei Dieci”. In esso si dimostrava che le evidenze empiriche riguardo all’aumento di efficienza operativa dovuto ai processi di concentrazione erano almeno incerte.
La seconda è quella espressa dal Prof. Onado. Egli, citando, sul Sole 24 Ore del 29 ottobre 2015, lo Europoean Systemic Risk Board, ha sostenuto che, in termini generali, “Proporre ulteriori fasi di espansione (delle dimensioni delle banche) in queste situazioni è degno del generale guerrafondaio del Dottor Stranamore.”.

Queste opinioni non sono solo autorevoli, ma scientificamente fondate.
Ricordiamo le origini della teoria secondo la quale un aumento dimensionale porta a maggiore efficienza e maggiore solidità. Essa è fondata sulla curva d’esperienza (semplificando, più produco una cosa, più la produco meglio ed a minor costo) che ha portato il BCG a individuare la quota di mercato come misura delle “forza competitiva” di una impresa (di una unità di business sarebbe meglio dire). 
La curva d’esperienza ha, però, senso solo in catene produttive fordiste. E in tutti i sistemi che possono ad esse essere assimilati.
In tutti gli altri casi vale tutto il contrario. Soprattutto vale il contrario in sistemi non meccanici come le organizzazioni. A mano a mano che si aumenta la grandezza di una organizzazione aumenta la sua fragilità e la sua inefficienza.
I riferimenti sono al pensiero di unità di business, ad esempio.

Ulteriore tema: le tecniche manageriali. Quelle attuali (anche le più avanzate e a maggior ragione, quelle di cui dispongono i manager bancari che, per forza di cose sono un sottoinsieme di quelle disponibili) sono giudicate dai Guru del management (Henry Mintzberg e Gary Hammel) assolutamente inadatte a gestire organizzazioni complesse. Questo significa che, anche se mettere insieme due banche portasse a solidità ed efficienza, occorrerebbe riuscire davvero a mettere insieme. E le attuali conoscenze e metodologie manageriali non permettono di raggiungere questo risultato.

Da ultimo. il mito della grandezza è tipico della società industriale. Esso sta mostrando in ogni dove i suoi limiti. E viene sostituito dal desiderio di costruire molto più naturali sistemi a rete. Il che vorrebbe dire che una rete di piccole banche potrebbe essere molto più solida di una struttura monolitica. Ricorderà certamente Arpanet, l’avo di internet. Gli americani per garantirsi che la loro rete di comunicazioni sopravvivesse ad un attacco nucleare russo avevano costruito un sistema di comunicazioni a rete che garantiva molte maggiori possibilità di sopravvivenza.
Mi permetto una conclusione: è necessario usare risorse cognitive diverse dalla attuali per capire il presente e costruire il futuro. Al di là di quello che ho provato a raccontare in questo post, ho provato anche ad usare nuove risorse cognitive per affrontare, da un punto di vista imprenditoriale, la sfida delle sofferenze. Chi è interessato a leggerlo lo scarichi da questolink.
Sperando in una sua risposta, voglia gradire i miei più cordiali saluti.

Francesco Zanotti

2 commenti:

  1. Caro Zanotti,
    intanto grazie delle puntuali e cortesi notazioni. Come lei ben sa non esistono ricette buone per ogni situazione. Fare rete in Italia troppo spesso è significato mantenere per ogni nodo posizione di potere e rendita. Ogni tanto qualche nodo va sciolto.
    grazie ancora

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  2. Contro l'eccessiva grandezza delle banche (ma vale per ogni impresa) segnalo anche il contributo di Taleb che nel libro "Antifragile" sostiene i medesimi principi. Una banca eccessivamente grande è molto più fragile ed esposta al rischio. Taleb lo dimostra molto bene riportando casi concreti come la francese "Societe Generele" del 2008. Fosse stata più piccola non sarebbe successo nulla, anche nel caso di dipendenti truffaldini. Taleb poi lo dimostra anche con chiari riferimenti matematici.
    Stefano Pollini

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