"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

domenica 27 marzo 2016

Confindustria prossima ventura

di
Francesco Zanotti

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Il Corriere di oggi riporta due interviste ai due candidati alla Presidenza di Confindustria.
Le parole chiave sono molto simili: produttività e competitività. Alberto Vacchi ci aggiunge il concetto di “filiera capace di farsi sistema”.
Invece, l’inserto “Domenica” del Sole 24 Ore contiene un pezzo di Paolo Bricco dove l’Autore presenta due lavori che sembrano venire da un altro mondo.
Il primo di Giacomo Beccattini “La coscienza dei luoghi. Il territorio come soggetto corale”, propone una visione dei sistemi di impresa che va molto al di là dei sistemi di filiera. Se ne intuisce la profondità anche solo dal titolo.
Il secondo di Sandro Trento e Flavia Faggioni “Imprenditori cercansi. Innovare per riprendere a crescere” cerca di scoprire i segreti della imprenditorialità che non sono certo produttività e competitività.

Che dire? Lascio al lettore un dilemma: accademia (i libri) contro pragmatismo (i canddati), oppure … Forse non sarebbe male se i due contendenti leggessero questi due libri. E qualcun altro che parli di quel completamente ignorato patrimonio di conoscenze e metodologie che vengono raccolte sotto l’etichetta “strategia d’impresa”.

mercoledì 23 marzo 2016

Quale è il futuro del sistema bancario mondiale?

Colonne d'Ercole

Oltre lo stretto di Gibilterra alla ricerca di "fondamentali"
dell'economia e della finanza migliori (o uguali?).

di
Luciano Martinoli



Sullo stato delle banche italiane c'è poco da aggiungere. L'enormità delle sofferenze accumulate, e che si continueranno ad accumulare, è nota a tutti. Esse sono frutto di una incapacità del sistema nostrano di adeguare i suoi "criteri di credito"(quindi di fare il loro mestiere) ad un mondo che stava evolvendosi velocemente (e non come vogliono raccontare, della "recessione" che è invece un effetto, non causa, di questa crisi). Purtroppo su questo fronte la principale preoccupazione è quella di liberarsene per... poter riprendere ad accumularne visto che l'argomento di come evitare di creare NPL non è oggetto di dibattito (e tantomeno area di progettazione strategica dichiarata in qualche Business Plan bancario). 
Come vanno le cose oltralpe?

lunedì 21 marzo 2016

Perchè le imprese hanno sempre e solo ragione (o sempre e solo torto)?

di
Luciano Martinoli


Prendiamo ad esempio il caso del rapporto con la scuola. Sul sole24ore di oggi sono riportati i dati di una ricerca, commentata da due articoli, sul fenomeno del mismatch e overeducation che affligge il nostro sistema formativo superiore e universitario. In sostanza i lavori offerti, e accettati, dai nostri giovani diplomati e laureati richiedono competenze inferiori a quelle maturate o si fanno lavori che non richiedono le conoscenze acquisite durante gli studi.
Si indicano come cause la solita recessione, che ha colpito duramente dal 2007, le università, che dovrebbero “parametrare corsi sulla domanda più che sull’offerta”, e la distanza tra scuola e imprese. Quindi alle imprese non si addebita nulla.
Propongo una lettura diametralmente opposta.

sabato 19 marzo 2016

Facciamo a capirci …

di
Francesco Zanotti

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Dirò alcune cose sulle quali credo pochi siano in disaccordo. 
Il successo di una impresa dipende dalla sua capacità di servire i clienti e valorizzare le risorse umane. Se non si prende cura dei clienti e delle risorse umane, il suo destino è segnato. 
La tecnologia è uno strumento per prendersi cura meglio di clienti e risorse umane. 
Tutti d’accordo vero?
Bene, ma allora perché si pensa che le banche diventino più forti se buttano fuori (letteralmente) le persone e i Clienti?

Ho messo giù le cose in modo molto semplicistico? Forse, ma se la risposta alla mia domanda è: non sappiamo fare altro che buttare fuori, non sappiamo inventare una banca che aumenti qualità e quantità dell’occupazione e offra servizi (ovviamente soprattutto di progettazione strategica) per lo sviluppo dei clienti, allora ho posto una domanda essenziale non banalizzante.

mercoledì 16 marzo 2016

Tanto fumo e niente arrosto

di
Francesco Zanotti
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Lo dice Silvano Ravazzolo rispondendo alle domande di Mario Gerevini sul Corriere di oggi. Egli si è trovato ad essere, insieme al fratello Gianfranco, il più grande azionista della Popolare di Vicenza. Niente arrosto perché i soldi per comprare le azioni li ha dati ai due fratelli la stessa banca.
Ulteriore tassello paradossale della disastrosa storia di non molte, per ora, banche locali.
Ma la ragione di questo disastro?
Tutti mi diranno: la malandrinità. Cioè: è colpa di qualche bandito isolato.
Credo non sia così. Credo che sia peggio. Credo sia colpa di una profonda ignoranza unita ad una infinita presunzione. Dobbiamo dircelo: l’attuale classe dirigente bancaria non ha la più pallida idea delle sfide che deve affrontare una banca. Non dispongono delle conoscenze necessarie. E questo non vale solo per qualche piccolo Ras di provincia. Vale soprattutto per il gotha dei banchieri. Non conoscono, ad esempio, nulla di strategia d’impresa, cioè dell’ambito di conoscenza che permette di progettare il futuro delle banche e di capire il futuro delle imprese clienti.
Che ci dobbiamo attendere quindi? Domanda sbagliata. Dobbiamo chiederci cosa è possibile fare. E io credo che la risposta non possa essere: sostituiamo le classi dirigenti bancarie. La soluzione può solo essere: forniamo loro le conoscenze di cui non dispongono.
Dobbiamo attivare un progresso cognitivo, non un progresso punitivo.
Se poi ci saranno davvero stati atti banditeschi, toccherà alla magistratura occuparsene.


venerdì 11 marzo 2016

Basta dare alle imprese soldi in abbondanza?

di
Francesco Zanotti

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Mario Draghi ha superato se stesso, riuscendo a vincere anche le resistenze tedesche. Ora le banche saranno pure pagate per dare soldi a famiglie e imprese. E chi se frega se i mercati finanziari mugugnano.
Allora vedremo uno sviluppo straordinario dell’economia? Risposta lapidaria, anche per un post: dipenderà dalla qualità dei progetti delle imprese. Se saranno alti e forti (piantiamola con la metafora miracolistica della innovazione) il flusso di denaro finanzierà la loro realizzazione. Se saranno di conservazione il flusso di denaro andrà a mantenere imprese obsolete.

Chi volesse approfondire questo tema non deve andare lontano: basta che lega il post dell’8 marzo.

mercoledì 9 marzo 2016

L’innovazione tecnologica non è una strategia

di
Luciano Martinoli
l.martinoli@cse-crescendo.com  luciano.martinoli@gmail.com




E’ opinione comune che l’innovazione sia un modo per migliorare le prestazioni aziendali, in altri termini che sia una precisa strategia. La convinzione discende probabilmente dai successi di aziende tecnologicamente avanzate che, grazie all’uso di esse, sono riuscite a realizzare prestazioni spettacolari.
Vari osservatori, e recenti tendenze di mercato, contraddicono questa convinzione, almeno la sua generalizzazione. 

martedì 8 marzo 2016

Dare soldi alle imprese solo in cambio di …

di
Francesco Zanotti

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… Progetti Strategici alti e forti.
Oggi tutti pensano che basti dare soldi alle imprese e il problema della crisi sarà risolto.
E’ una illusione!
Per convincersene basta chiedere: ma cosa se ne fanno dei soldi le imprese?
A questa domanda vi sono risposte rinunciatarie: vanno a pagare le tasse e gli stipendi. Me se è così, allora occorrerà continuamente dare soldi alle imprese perché tasse e stipendi vanno pagati regolarmente. Questa risposta riconosce, sia pure implicitamente, che le imprese non sanno fare da sole e vanno mantenute.
Vi sono anche risposte apparentemente “virili”: servono ad investire. Ma la virilità si squaglia come neve al sole quando ci si chiede: investire in cosa? Perché le risposte più comuni sono: investire in macchinari o in delocalizzazioni o nell’apertura di nuovi mercati.
E cosa vi è di poco virile? Che si parte dell’ipotesi che le imprese devono continuare a proporre le “cose” che hanno proposto nel passato. Producendole a meno, cercando di andare a produre dove i fattori di costo sono inferiori, cercare nuovi mercati che ritengono ancora interessanti i prodotti e servizi che da noi non lo sono più. Si tratta di investimenti che badano a far sopravvivere il passato. Niente di imprenditorialmente virile.
Ed allora? L’ho scritto all’inizio e ora specifico. E’ necessario che le imprese si dotino di progetti di sviluppo alti e forti che riguardino radicalmente nuovi prodotti e servizi capaci di essere ologrammi di una nuova società che non vada più in rotta di collisione con l’Uomo e con la Natura.
Non si dia un soldo agli imprenditori o ai manager che non sono in grado di generare Progetti Strategici alti e forti.
Attenzione, che non si pensi che questo discorso vale solo per le PMI. Tutto il contrario: esso vale prima e soprattutto per le grandi imprese. E tra queste prioritariamente per le imprese sistemiche (banche ed utilities) che in questi anni sono stati campioni di conservazione. E questo è economicamente e socialmente distruttivo.



domenica 6 marzo 2016

Popolare di Vicenza

di
Francesco Zanotti

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Uno dei pochissimi vantaggi del fare il consulente di strategia d’impresa è che si entra in contatto con i vertici delle imprese.
Noi nei tre anni scorsi siamo entrati in contatto con i passati Vertici della Popolare di Vicenza. Contatti non di servizio, ma sufficienti per proporre alcune considerazioni che mi sembra possano avere carattere generale.
Ovviamente non farò nomi e cognomi e anche cercherò di descrivere solo molto generalmente i fatti.
Il primo fatto: il totale disinteresse verso la conoscenza. Più specificatamente: perché non usate le conoscenze e metodologie di strategia d’impresa che sono indispensabili per progettare il vostro futuro, per valutare quello delle imprese e aiutarle a migliorarlo? Risposta sostanziale: non so cosa siano le conoscenze e le metodologie di strategia d’impresa. Soprattutto non posso ammettere che esistano conoscenze di cui non dispongo.
Il secondo fatto: il desiderio di autorappresentazione personale, se non di peggio. Tavola rotonda sui minibond. Un alto dirigente che partecipa giusto solo per apparire sul resoconto stampa di quella tavola rotonda. Interesse alle opinioni degli altri: zero. Gigionesco piacere a vedersi riverito: immenso. Poi tutti possono vedere come è finita la storia dei minibond.
Considerazioni generali? Cari azionisti, soprattutto delle banche, verificate le conoscenze di cui dispongono i manager a cui affidate le vostre Società. Se non dispongono delle più avanzate conoscenze e metodologie di strategia d’impresa, assumeteli, se siete in vena di generosità, solo come usceri.


giovedì 3 marzo 2016

Soldi dall’elicottero

di
Luciano Martinoli



Si torna a parlare di “helicopter money”, o “helicopter drop”, la metafora di stimolare l’economia reale lanciando dall'alto soldi sulla gente . La stampa ne aveva già parlato in passato (si veda il mio post di quasi 3 anni fa). Qualche giorno fa il tema è stato riproposto quasi contemporaneamente da Isabella Bufacchi, dalle pagine del sole24ore, e Martin Sandbu dal suo FT Free Lunch, il quotidiano magazine elettronico del Financial Times.
Entrambi riprendono il tema partendo dalle evidenti incapacità delle iniziative di politica monetaria di raggiungere il loro obiettivo di stimolo all’economia. “La liquidità è abbondante” ricorda la Bufacchi “ma non ne arriva a sufficienza alle famiglie e alle imprese, dunque all’economia reale”.
Problema certamente vero e allora le due analisi si concentrano su come le banche centrali si potrebbero dotare di un “elicottero”, e sulle sue caratteristiche tecniche, come ultima spiaggia per risolvere il problema.