"Se gli uomini non nutrono un ideale in un mondo migliore perdono qualcosa.
L'umanità non potrebbe funzionare senza le grandi speranze, le passioni assolute."
Eric J. Hobsbawm

giovedì 16 marzo 2017

E se provassimo a "riciclare" gli NPL?

di
Luciano Martinoli


L'attuale "smaltimento" dei crediti non esigibili ricorda le più inefficienti pratiche adottate fino a qualche decennio fa nel caso dei rifiuti fisici. Si può fare di meglio?

Gli NPL (Non Performing Loans) sono quei crediti bancari, difficilmente esigibili per vari motivi, accumulatisi nel periodo della crisi.
Il loro “smaltimento” deriva dalla necessità di liberare la loro presenza dai bilanci delle banche perchè li “intossica”, impedendo erogazione di ulteriore credito. 
Dunque ci si trova davanti ad una vera e propria problematica di “gestione dei rifiuti” finanziari che al momento viene affrontata nel modo più banale possibile: la loro vendita ad operatori specializzati.

Se è così, ovvero consideriamo gli NPL come rifiuti finanziari, perché non cercare di imparare qualcosa dal settore dei rifiuti fisici per migliorarne il loro trattamento a beneficio della banca e dell’ambiente di business ovvero aziende, consumatori, economia in generale?

Nel caso dei rifiuti domestici, i più noti a tutti noi, a partire dalla fase di differenziazione della raccolta vi sono diverse modalità di gestione.


Per “Riciclo” si intende la possibilità di riutilizzare, in tutto o in parte, il rifiuto consentendogli di ridiventare “materia prima” (nel qual caso si parla di materia prima seconda).

Il “Recupero Energetico” è l’attività che viene eseguita per gli scarti del riciclo e per le tipologie non riciclabili. Si tratta di vari trattamenti dei quali il principale è la combustione, effettuata tramite Inceneritori, grazie alla quale si produce energia.

Lo “Smaltimento in Discarica” è l’ultima fase del ciclo di gestione dei rifiuti e consiste nel conferimento in aree dedicate, dunque sottratte ad altri impieghi per molti anni, e con controlli riguardo l’eventuale emissione di liquidi e gas maleodoranti e inquinanti.

Da notare che man mano si scende nella tipologia di attività aumentano i costi di gestione del rifiuto e diminuiscono i benefici per l’ambiente. Ovviamente ognuna delle attività descritte impiega opportune e sofisticate tecnologie, a loro volta oggetto di continuo miglioramento. 

Particolare è il caso dell’alluminio. Esso è riciclabile infinite volte, ha molteplici usi in svariati settori, e la produzione della materia prima seconda dal rifiuto consente un risparmio energetico del 95% rispetto a quella dal minerale (bauxite). Un record nell’ambito dei rifiuti.

Se gli NPL sono a tutti gli effetti rifiuti finanziari, quali sono le similitudini con i rifiuti fisici?
Innanzitutto vi è da evidenziare un primo vantaggio: la “differenziazione” è a monte per definizione, essendo costituita sia dalla tipologia del debitore (azienda o persona fisica) che dalla presenza o meno di “collaterali” (garanzie) di varia tipologia.
La corrispondenza delle attività, concentrandosi sugli NPL Corporate,  potrebbe essere rappresentata nel modo seguente:


Nella tabella successiva vi è, di conseguenza, una sintesi di quali attività vengono svolte nell’ipotetico “ciclo” appena definito:


E’ da notare che, anche in questo caso, man mano che si procede lungo la filiera di attività di gestione aumentano i costi, diretti (gestione) e indiretti (aumenti del patrimonio), e diminuiscono i benefici per tutto l’ecosistema di business (si perdono/danneggiano potenziali futuri clienti). Inoltre va evidenziato che l’attività di “Riciclo” (Rilancio Aziendale e Rientro in Bonis), ovvero far ridiventare un cliente di nuovo buono (materia prima seconda), non è affatto preso in considerazione, con grave danno per la banca, che perde un cliente, e per l’economia in generale, che perde un generatore di potenziale futura ricchezza.
Ulteriore considerazione nel trattamento dei rifiuti finanziari, certamente figlia del “bias” culturale bancario verso gli aspetti patrimoniali e non quelli reddituali, è l’attenzione al titolo di credito, e suoi collaterali, e non a chi ha contratto, non onorandolo, il debito. Dunque manca quella capacità di prevenire la creazione del rifiuto finanziario che invece è già presente per quelli fisici. Non solo, si corre il rischio di mandare in discarica “aziende carta, vetro e plastiche” ma soprattutto quell’alluminio così prezioso se saputo trattare opportunamente.

E’ certamente possibile “trattare” i rifiuti finanziari per riciclarli, purchè si abbiano a disposizione le opportune tecnologie e vengano costantemente tenute aggiornate, così come nel caso dei rifiuti fisici. Mentre però nel caso di questi si tratta di tecnologie meccaniche e chimiche, nel caso dei rifiuti finanziari, generati da imprese, le tecnologie sono di una tipologia totalmente sconosciuta alle banche: la Strategia d’Impresa e i suoi strumenti.
Si tratta di conoscenze molto diverse da quelle economiche sia macro (settori, andamenti di mercato, ecc.) che micro (bilanci, valutazioni, rating, ecc.). In questo caso la Strategia d’Impresa punta al cuore del problema: la capacità dell’azienda, a partire della corretta descrizione e valutazione del suo percorso di sviluppo strategico, di generare, o meno, economics in futuro (prima fra tutti la cassa da attività caratteristica).
Non si tratta dunque di estrapolare il futuro dal passato, come si fa con le analisi di bilancio, e nemmeno valutare consistenze patrimoniali interne o esterne (garanzie) all’azienda. Qui il “Riciclo” è possibile solo giudicando, ma anche stimolando, le intrinseche capacità aziendali di ritornare ad uno stato di salute endogeno che l’impresa è in grado, in maniera convincente, di realizzare. Si tratta insomma di riconoscere e trattare “l’alluminio”.
Inoltre vi è da aggiungere che le tecnologie sottostanti il “Riciclo” sono le stesse che consentono la selezione di un miglior credito, e dunque una prevenzione alla generazione del NPL. Tale miglior credito sarà certamente di sviluppo reale e non offuscato, come è oggi, da valutazioni meramente patrimoniali, le cui conoscenze sono già in possesso della banca ma che si sono rivelate inefficaci, o reddituali generiche, e di conseguenza di dubbia efficacia puntuale (trend di mercato, valutazioni filiere/geografia, ecc.), che il “corpo” della banca (le dipendenze) non è in grado di far sua.

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